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Burattini in quarantena

Per noi, tutto questo, è iniziato a San Valentino: mia figlia è tornata a casa dall’asilo con un cuore rosa di cartone, poi c’è stato il Carnevale di Casalecchio, le giostre, i bimbi in costume, coriandoli e stelle filanti. Domenica sera, il 16 febbraio, Neve aveva la febbre. La settimana successiva è restata a casa e la stessa settimana, a turno, mi sono ammalata io e poi si è ammalato mio marito. Ed è stato allora che hanno chiuso le scuole. Prima una settimana. Poi due. Poi tre. Ma è dal 9 marzo che tutto è cambiato. Prima la vedevamo come una cosa transitoria, l’influenza ci era passata e pensavamo che era quasi bello poter avere quella convalescenza forzata e che da un momento all’altro si sarebbe tutto risolto e la nostra vita sarebbe ripresa. Invece alle scuole chiuse sono seguiti i negozi chiusi ed infine la quarantena in casa, per tutti. La nostra enorme inarrestabile locomotiva si è dovuta fermare: prima ha rallentato e poi, tra sbuffi e frenate, è rimasta quasi immobile. Nessuno di noi è abituato a questo. Sono cose che vediamo succedere lontano da noi, in altre vite, altri luoghi. Ma questa volta è accaduto proprio a noi.
Mia madre è medico di base a Medicina e, tramite lei, ho assistito alla lenta, inesorabile e orribile esplosione; in tanti, io per prima, non abbiamo saputo riconoscere quanto stava accadendo davanti al nostro naso. Ma adesso non possiamo proprio più fare finta di nulla. Il mio mestiere è portare le persone nel Sogno, nel Mondo del Possibile e della Meraviglia. Eppure in questo momento mi riesce difficile portare avanti il mio mestiere, perché la realtà ha preso il sopravvento su tutto. Prima che accadesse tutto questo stavo lavorando a molti progetti: i burattini con Brina, i nuovi costumi con una sarta medicinese, le scenografie con la meravigliosa illustratrice Roberta Spettoli e i copioni con Nader. Poi quest’ombra è calata sul nostro mondo ed io sono ancora stordita, in attesa di capire la direzione da prendere. Negli occhi le immagini di Bergamo. Nell’attesa vivo le giornate in casa con Neve, due anni e un mese, mentre mio marito fa lezione ai suoi studenti su Skype. La quotidianità è scandita da cene, merende, pranzi, colazioni, si fa bastare il più possibile quel che c’è nella dispensa inventandosi cose buone da mangiare. Poi ci sono i libri: ho sempre letto per Neve, ma non c’era molta soddisfazione, si distraeva spesso, faticava a seguire; da un po’ di tempo, già da prima della quarantena, aveva iniziato a sfogliarli da sola e a chiedermi di leggerli per lei. Abbiamo creato una piccola biblioteca con le storie che preferisce: “Denti di ferro”, “Cappuccetto Rosso”, “La giornata dei gattini”, “Toc Toc”… passiamo tanto tempo a guardare le figure, Neve che punta il dito sulle immagini : “mamma, e queto? E queto? E queto?”.

Poi ci sono i momenti di sconforto, perché è anche frustrante stare in casa tutto il giorno con una bimba di quest’età, nel pieno del suo sviluppo, della sua motricità: a volte la vedo spazientirsi d’un tratto per sciocchezze, buttarsi per terra, battere i piedi e piangere cascate di lacrime; allora mi spazientisco a mia volta, viene da piangere anche a me e vorrei tanto poter fare una corsa al parco con lei, poter tornare a vedere i gatti randagi poco distanti da casa nostra o le paperelle del fiume Reno. Poi penso che il mio sconforto non è tanto dato da quello che sta accadendo a noi: stare a casa, nella nostra tana, è bellissimo, anche se mi manca molto stare un po’ all’aria aperta, sotto il sole, e le finestre aperte non sempre bastano; mi affligge la sofferenza delle persone e la consapevolezza che, anche quando finirà, qualcosa cambierà, è inevitabile che qualcosa cambi. Nell’attesa vivo alla giornata, i miei burattini sono a pochi chilometri da qui, al Burattinificio, in quarantena anche loro, accuditi da una persona che per fortuna abita poco lontano da lì. Torneranno a far sorridere, a far paura, a far sognare i bambini. Certo che torneranno. Tanti colleghi stanno facendo splendide iniziative online. Li ammiro per il loro spirito propositivo e sono certa che anch’io tornerò a fare il mio mestiere con la gioia, con l’amore immenso con cui l’ho sempre fatto. Nell’attesa resto a casa con la mia bimba, a leggere, a fare i “bini” -così Neve chiama i burattini-, a cucinare pasta frolla, pizza o pasta di sale e a guardare “La Carica dei 101”. Cercherò di condividere qualche nostro gioco con voi, per restare un minimo in contatto e per lanciare qualche stella in questo momento così triste per tutti noi. Se potete lanciate stelle anche voi, ne abbiamo tanto bisogno.
Un grande abbraccio da Margherita, la Burattinaia
ILLUSTRAZIONI DI MICHEL DELACROIX