Questa settimana c’è stata la prima conferenza all’interno di Burattinificio, curata dalla pedagogista clinica Emanuela Dozza (www.emanueladozza.it). Si è formato un bel circolo di parole fra educatori e genitori. Quella di Emanuela, infatti, è stata una terapia di gruppo più che una conferenza. I partecipanti hanno avuto spesso la parola; al centro della discussione vi sono stati gli interrogativi del pubblico. Non sono state fornite soluzioni pronte all’uso -in questi casi non sarebbe mai giusto fornirne- ma Emanuela, con la maestria di chi da trent’anni lavora in ambito educativo, ha saputo aprire spazi di riflessione.

Durante questa lunga discussione, durata dalle nove di sera a mezzanotte, sono emersi vari dati degni di nota, ad esempio l’uso improprio di termini medici per classificare i problemi dei bambini: “mio figlio è rimasto traumatizzato da…”, “quel bambino è iperattivo”, ecc… Problemi quotidiani vengono ingigantiti e patologizzati da noi adulti. I bambini vengono percepiti -e, di rimbalzo, si fa percepire loro- fragili, incapaci di poter gestire gli ostacoli del quotidiano. Un bambino iper-protetto dalla propria famiglia finirà per credere che c’è realmente un grosso pericolo nella realtà. Avrà quindi preventivamente paura, si sentirà insicuro, impotente e bisognoso di fronte ad ogni vicissitudine. Accettare che i nostri bambini abbiano paura, cadano, si facciano male, ci riempie di angoscia. Ma è indispensabile accettarlo, perché un processo di crescita non può non prevedere ostacoli e ferite. Le fiabe, non a caso, dal momento che sono la narrazione corale dell’umanità, prevedono sempre l’ostacolo.


Spesso, all’inizio di una fiaba, l’eroe sbaglia. Allo sbaglio segue l’espiazione, a volte lunghissima, interminabile. Sette anni muta, a cucire -naturalmente a mani nude- camice fatte con le ortiche. Trovate sia crudele? Eppure è una metafora calzante delle avversità di fronte alle quali la vita, inesorabilmente, ci pone. Quando ho iniziato a raccontare fiabe mi sono scontrata con le paure dei genitori più che dei bimbi. Certo, i bambini spesso piangevano, perché è naturale che un bambino abbia paura di una strega. Quello che molti genitori non sanno – o non vogliono sapere- è che quella paura esiste PRIMA della strega. A questo proposito mi colpì una frase di Bettelheim che lessi molti anni fa: “…ho conosciuto bambini mentalmente disturbati a cui non erano mai state raccontate fiabe ma che investirono un ventilatore elettrico o un motore di poteri più magici e distruttivi di quelli mai attribuiti da una fiaba al suo personaggio più potente e scellerato…”. Questa frase di Bettelheim esperisce esattamente quanto ho detto: la paura esiste DA BEN PRIMA della comparsa della fiaba. Esiste nel bambino perché la vita è foriera di angosce. Possiamo essere i genitori più protettivi del mondo, ma non potremo proteggere il nostro bambino dalla vita stessa.

Ed ecco che immediatamente le fiabe ci vengono incontro con un’altra metafora: il padre di Rosaspina aveva fatto bruciare tutti gli arcolai del regno affinché la figlia non si pungesse con uno di essi e cadesse in un sonno profondo. La principessina vive in un mondo ovattato, protetta da ogni pericolo. Ma perfino in quel mondo si nasconde qualcosa di sinistro: nella torre più alta del castello vive una vecchietta, sorda, che non ha udito l’editto del Re e non ha quindi bruciato il suo arcolaio. La principessina la scova, vuole imparare a cucire e, naturalmente, si punge. Quanti arcolai potremo nascondere ai nostri bambini? Reprimere la loro naturale fame di storie, che è poi la loro fame di vita e fame di apprendere quanto è racchiuso in essa, li renderà solo più insicuri e più bisognosi. Ecc cosa intendeva Bettelheim con la metafora del ventilatore elettrico: tutto ciò che nasconderete sarà presto o tardi trovato. Di fronte ad un problema del bambino dovrebbero essere per primi gli adulti ad interrogarsi, non tanto i bambini stessi. Un bambino che urla, che picchia, che graffia, che sfida è un bambino arrabbiato. La rabbia del bambino non nasce mai a caso. Può essere semplicemente una tappa di crescita: il bambino deve fare anche esperienza della propria rabbia, della propria aggressività. Ma se questi atteggiamenti si protraggono nel tempo non rappresentano più una tappa, ma un blocco; è evidente che vogliono farsi portatori di un messaggio, un messaggio per noi adulti. In America è diffusissima la pratica di somministrare psicofarmaci ai bambini. Questa barbara prassi patologizza, così come patologizziamo noi, ma fortunatamente solo a parole, gli stati d’animo del bambino. Se è vero che certi atteggiamenti, prolungati nel tempo, sono da leggersi come “blocchi evolutivi” e pertanto come portatori di un messaggio ben preciso -la cui decifrazione è compito di noi adulti- allora somministrare psicofarmaci o nascondere la realtà diventano azioni di incommensurabile violenza. Poiché, invece che ascoltare, finiamo per reprimere. La repressione porta frustrazione e la frustrazione porta a volte impotenza, a volte violenza. Emanuela ha raccontato di come preferisca portare avanti un percorso in parallelo, prima con l’adulto e poi con il bambino; ed io non posso che essere d’accordo dal momento che io stessa, nel mio campo lavorativo, ossia la burattinologia, cerco di fare lo stesso. Racconto fiabe ai bambini ma anche agli adulti che li accompagnano nel processo di crescita. Perché gli uni, senza gli altri, semplicemente non esisterebbero.


Questa settimana c’è stato l’ultimo incontro in Biblioteca a Villa Spada. Ho raccontato “La Regina della Neve”, di Andersen. Ovviamente Andersen è stato solo il trampolino di lancio: la sua fiaba la conosco molto bene, l’ho raccontata per radio (chi volesse ascoltarla la trova QUI, divisa in tre puntate) ed era una delle mie preferite quando ero bambina. Ho pensato tanto a come poter rendere comprensibile una fiaba tanto complessa a bambini dai tre anni in su. Ho quindi creato un percorso geografico, come faccio spesso, per razionalizzare un percorso spirituale.
Ho costruito una casa ed ogni facciata della casa è una stagione: la facciata frontale racchiude l’estate e la primavera. L’estate è il punto di partenza, la regione in cui vivono i piccoli protagonisti, Gerda e Kai. E’ il regno dell’innocenza. A ciò segue la primavera, il giardino di una Maga bisognosa di compagnia, che per questo motivo fa cadere Gerda in un lungo oblio, facendole dimenticare Kai. Alla primavera segue l’autunno, la facciata sinistra della Casa: Gerda passa dal Regno della Principessa che ha sposato un misterioso ragazzo -che in un primo momento Gerda pensa che possa essere Kai-, al Regno della Figlia del Brigante -che ho fatto diventare la figlia dell’Orco-. Vi è infine l’ultima Area Geografica, la facciata destra della casa, il Regno dell’inverno, in cui risiedono la Regina della Neve e la Maga della Garfagnana -la maga racchiude due personaggi della fiaba di Andersen: la donna di Finlandia e la donna di Lapponia-. Volevo che questa fiaba fosse uno spettacolo corale contenente molte altre mie fiabe. Per questo motivo ci sono Margherita e Michele, che qualcuno ha forse visto nel mio “Orco con le Penne”, e che interpretano Gerda e Kai. La Nonna Teresa (“Cappuccio e Riccioli”) interpreta la loro Nonnina. La Maga della Primavera è Nonna Romana (“La strega del pomeriggio”). Il Principe, la Principessa sono Piuma d’oro e il Contadino che la salva dal palazzo di sale e pepe (da “Piuma d’oro”). La cornacchia è Kokoch (“Mirtillo e Verbena”). La Figlia del Brigante è Umma, la figlia dell’Orco (“Emma e il ponte”). La donna di Finlandia e di Lapponia sono la Maga della Garfagnana, presente in mie numerosissime storie (“Cecino e il bue”, “L’Orco con le Penne”, “Il Reuccio fatto a mano”, “Piuma d’oro”). La vera diva di questa storia è pero la Regina della Neve, che io ho immaginato come l’antica mietitrice: vestita di bianco, capelli neri, al collo una lente che deforma la realtà. Quello che lei tocca, muore. O forse si addormenta, chissà. La Regina della Neve è la Morte, l’Oblio, il Sonno Profondo, la Stasi. Questa fiaba parla del Cerchio della vita, rappresentato dalle Stagioni: l’estate è l’infanzia, la primavera è la giovinezza , l’autunno è la maturità, l’inverno è la vecchiaia e la saggezza. In questo perfetto Cerchio Fiabesco la storia finisce laddove era iniziata.  Se vi ho incuriosito e volete assistere a questa fiaba, vi aspetto:

DOMENICA 13 DICEMBRE ore 17,30 e 18,30

LA BALENA BIANCA, Galleria Marconi 13, Sasso Marconi

LA FIABA DELLA REGINA DELLA NEVE

a cura di Burattinificio Mangiafoco

Ingresso 5 € a bambino + 1 adulto

Età consigliata dai 3/4 anni in su

Prevendita dal 1 dicembre, posti limitati

Info: 392/1682661

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