Morte e Ri-Nascita

illustrazione di Jim Kay

Una volta c’era un Re e una Regina che non avevano figli. Passeggiando nell’orto la Regina vide una pianta di rosmarino con tante pianticine intorno. E disse: “Guarda un po’: quella lì che è una pianta di rosmarino ha tanti figlioli, e io che sono regina non ne ho neanche uno!”. Dopo poco, la Regina diventò anche lei madre. 

“Rosmarina” da Fiabe Italiane – volume secondo di Italo Calvino

Nelle fiabe è sempre così: le madri diventano madri “dopo poco”. Tutto quello che accade fra il momento in cui si resta incinta e il momento in cui si partorisce viene saltato e si giunge immediatamente al momento in cui il bimbo è nato. Il tempo della gravidanza e quello della nascita hanno invece una loro storia, lunga, spesso complicata e sicuramente fiabesca. In questi anni, prima di diventare mamma -anche se adesso che lo sono posso dire con ancora maggior fermezza di essere sempre stata la mamma di Neve, già prima di conoscerla lei era con me, c’è sempre stata- ho ascoltato le testimonianze di tantissime donne sull’esperienza del parto e della nascita del loro bambino. Ero terrorizzata dal parto e intervistare quelle donne era un modo per cercare una qualche rassicurazione rispetto a quell’esperienza che speravo e temevo di vivere. Ho ascoltato le storie di donne che hanno partorito in casa, che hanno fatto l’epidurale, che hanno programmato il cesareo, che rifiutavano categoricamente il parto in ospedale; altre che assolutamente non avrebbero partorito in altro posto se non in un ospedale; altre che dicevano che il parto è un’esperienza che umilia, che piega il corpo, altre che il parto non è doloroso, o che comunque quel tipo di dolore è un’esperienza tollerabile, perché indirizzata alla nascita del proprio bambino. Storie, storie, storie, così tante che potrei scriverci un libro. 

Illustrazione di Jim Kay

Questa è la mia storia, ed è diversa da tutte quelle che ho ascoltato. Non scenderò nei particolari della mia storia: quelli sono riservati alle pochissime persone con le quali condivido il cerchio dell’intimità. Ma riporto la sensazione di quell’esperienza unica: partorire è stato come morire e rinascere un secondo dopo. Nel momento in cui ho raggiunto l’apice del dolore, un dolore fisico così intenso e lancinante da spezzare il cuore, ho sentito il corpo piegarsi, come se dovesse spezzarsi in seguito al colpo di una catena che avvinghia le viscere. E poi, dopo pochi secondi, il corpo è rinato. Ho sentito la vita in tutta la sua potenza, il pianto della mia bambina che un attimo prima era dentro di me, un momento dopo era lì, separata ma  tutta intera. Comprendo benissimo le ragioni delle donne che scelgono il cesareo programmato, l’epidurale (io stessa sono arrivata ad implorarla, durante il travaglio ma, a cose fatte, sono felice di essere riuscita ad evitarla): il parto è un’esperienza incredibilmente potente, ognuna di noi vi arriva con i propri strumenti, la propria sensibilità, la propria identità. È giusto quindi che ogni donna possa scegliere come vivere quest’esperienza seguendo il proprio sentire e secondo il richiamo del proprio corpo. La scelta di un parto non consonante ai nostri desideri, alla nostra volontà più profonda, corrisponde altrimenti al vivere un’esperienza traumatica, spesso difficilmente superabile. Non esiste un parto giusto ed uno sbagliato. L’unico consiglio che mi permetto alle donne che non sono ancora mamme ma vogliono diventarlo -e, un po’, sentono già di esserlo- è: lasciatevi consigliare, non siate arroganti, affidatevi ai professionisti, ascoltate tutti i pareri, e poi scegliete. Libere. Io ho scelto la via del dolore durante il parto. Ero atterrita e non sono qui a dire -come certi tutorial su YouTube- che il parto naturale può essere un’esperienza esente da dolore. Il parto naturale è dolore ma è anche “un viaggio nel profondo, dove ci si confronta con le paure, i limiti, il timore di non farcela, ma dove è possibile scoprire anche le proprie competenze nascoste, nuove risorse e un’energia fino a quel momento sconosciuta” (A.M. Barbero, psicologa-psicoterapeuta). Ho chiuso gli occhi e ho vissuto quelle ore pensando a Neve, che con me stava vivendo tutto questo.

Adesso Neve è fra le mie braccia, ha quasi un mese. Pensavo sarebbe stata uguale a suo padre, invece ha i miei colori, la mia forma del viso, i miei piedi. Scrivo tutto questo velocemente, con lei che dorme sul mio petto, nella fascia. Sembra che la primavera sia arrivata, oggi pomeriggio penso faremo una passeggiata. 

Buona primavera di fiabe e burattini a tutti voi.