Illustrazione di Beatrice Alemagna

“Cara Margherita, vorrei ancora ringraziarti a nome di Lorenzo innanzitutto. Sono certo che se potesse lo farebbe lui stesso. Questa esperienza è stata per lui e per noi molto importante e formativa e siamo sempre più contenti di averla fatta. Grazie anche della bellissima lettera che gli hai scritto: quando da grande la rileggerà potrà rivivere il primo vero percorso formativo della sua vita. Speriamo che anche i prossimi che si troverà ad affrontare possano essere per lui così positivi.”

Questa è la bellissima e commovente lettera che mi ha scritto un papà al termine del BurattiNido. Questa lettera mi ha in parte ricompensato del grandissimo impegno che mi è stato necessario per realizzare questo progetto al suo primissimo anno di vita: impegno nell’allestire gli spazi in maniera adeguata, nello strutturare tante attività diverse per i miei bimbi e, specialmente, impegno nel cercare quotidianamente di non far mai mancare energia, sorrisi e buon umore per i miei piccoli allievi.

BurattiNido è stata un’esperienza che mi ha cambiato non solo come educatrice, ma anche come burattinaia e come persona. 

BurattiNido ha significato per me tanta gioia; ma anche fatica, studio e rinuncia perché quest’anno, essendomi dedicata così tanto a questo progetto, ho dovuto limitare moltissimo la programmazione di spettacoli all’interno del mio teatrino.

BurattiNido è stata anche ma non solo un’esperienza bella. 

Illustrazione di Beatrice Alemagna

Nel fare questo resoconto di fine percorso, nonostante le bellissime lettere e gli attestati di stima ricevuti, non posso non pensare che ci sono stati, durante il tragitto, aspetti che hanno richiesto un’attenta analisi da parte mia. Queste sono dunque le conclusioni a cui sono giunta. 

Alla base di ogni esperienza educativa vi deve essere un “patto educativo”. Rivolgersi ad un servizio come BurattiNido significa avere fiducia nel modello pedagogico che sta alla base del progetto e accordare fiducia alla persona che lo porta avanti. Questo presupposto di base, questo “patto educativo” dovrebbe in realtà essere la partenza per ogni percorso educativo. Un patto stretto fra i genitori e gli educatori, i maestri o i professori. La scuola, in passato, era il luogo dell’autoritarismo, il teatro, troppo spesso, della “pedagogia nera”. La società è cambiata e i genitori non accordano più totale fiducia ai servizi educativi. Dall’autoritarismo siamo passati al permissivismo, ne ho gia parlato anche in un altro post, entrambi i modelli sono portatori di conseguenze negative, anche se di differente entità. Un bambino sottomesso e umiliato non impara il rispetto, impara che, appena avrà potere, potrà a sua volta sottomettere e umiliare. Allo stesso modo un bambino che non viene in alcun modo contenuto, avrà problemi ad empatizzare e, in alcuni casi, sarà portato a sviluppare maggiore aggressività. Le regole sono fondamentali per i bambini, ma altrettanto fondamentale è farle rispettare attraverso un approccio non violento e autorevole, non autoritario. Non alzare mai la voce, tantomeno alzare le mani e, se il bimbo non accenna a calmarsi, guardarlo negli occhi, rassicurarlo, prenderlo da parte. I danni più gravi provocati dal modello autoritario sono stati dati dal concetto di “non volere più bene” se il bambino era “cattivo”. Quando andavo alla scuola materna ricordo bene gli urli, gli strattoni, gli sguardi pieni di disapprovazione da parte delle maestre quando “i bambini erano cattivi”. Non erano scuole lager, era il modello di tante scuole anni ottanta: si crescevano i bambini per premi e punizioni e in tante scuole si ritiene ancora efficace questo barbaro metodo. 

Illustrazione di Beatrice Alemagna

Allo stesso modo, oggi, ci sono scuole in cui i bambini urlano dalla mattina alla sera e, in questo coro di urla, si uniscono le grida delle educatrici esasperate. Perché una volta nelle scuole “non volava una mosca” e adesso nelle scuole non si fa altro che urlare (senza per altro ottenere risultato alcuno)? Prima di tutto perché sono cambiati i genitori ma, con loro, sono cambiati gli insegnanti. Gli insegnanti contemporanei hanno paura dei genitori: temono le denunce e i richiami del preside. Allo stesso modo i genitori non si fidano più ciecamente degli insegnanti: i genitori e gli insegnanti di oggi sono gli stessi che sono cresciuti con il modello autoritario. Alcuni l’hanno perciò ripudiato; altri ne sono invece ancora affascinati,  poiché promette -e non mantiene- una veloce soluzione ai problemi; vi è poi una generazione cresciuta da genitori sessantottini, una generazione vissuta nel mito -e nell’ombra- di quei genitori permissivi -spesso noncuranti e giovanilistici- che non hanno offerto loro un modello educativo, ma degli idoli da adorare. Il “patto educativo” è dunque stato da tempo infranto e la crisi che vivono molte scuole contemporanee ne è la diretta conseguenza. 

Nel prossimo post scriverò che cosa intendo per “patto educativo” presso il BurattiNido: per leggere la seconda parte dell’articolo CLICK QUI.

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