Il Patto Educativo #2

Quella che segue è la seconda parte dell’articolo uscito la settimana scorsa, “Il patto educativo #1”.

Illustrazione di Beatrice Alemagna

Il “patto educativo” vive solo se, alla base, c’è un sentimento di fiducia fra la famiglia e le persone che si prendono cura del proprio bambino. Cosa vuole dire “fiducia”? La parola fiducia deriva dal latino fidere, “aver fede”. La fede è un sentimento che si basa non tanto su prove pratiche, quanto sul credere intimamente in qualcosa. “Avere fede” significa seguire il proprio istinto e saper trascendere la propria razionalità. I rapporti stessi, che siano d’amore, d’amicizia o di lavoro, dovrebbero fondarsi sulla fiducia, che non significa abbandonarsi in balia dell’altro, ma avere un atteggiamento positivo -per l’appunto, fiducioso- nei confronti delle differenze prodotte dall’alterità. 

A questo proposito riporto uno stralcio dell’intervista di TopiPittori a Laura Pigozzi, autrice del libro “Mio figlio mi adora: figli in ostaggio e genitori modello”: “…la scuola è il mondo del bambino, il luogo in cui esercita i primi confronti e, soprattutto, le prime alleanze. Un luogo in cui impara le regole del mondo anche se non necessariamente coincidono con quelle della famiglia. Anzi, una maggiore differenza lo aiuterà a pensare. Perché pensare significa trovare una soluzione creativa per collegare ciò che sembra contraddittorio. Quindi, la famiglia farebbe bene a riconoscere la scuola come un’altra agenzia educativa, indipendentemente dal fatto che la scuola sia più o meno buona, più o meno prestigiosa. La sua funzione di incontro con il mondo la esercita anche quando al genitore sembra che quella scuola non sia il meglio per il proprio figlio. Contestare la scuola tout court è chiudere la porta al mondo del figlio, è insegnargli che la famiglia ha sempre ragione ed è l’unica istanza cui prestar fede. Cosa che palesemente non è.”

Illustrazione di Beatrice Alemagna

Credo dunque sia normale -e sano- che i genitori possano non condividere in toto le regole di un servizio. Ma, come dice Pigozzi, il mondo non è solo la famiglia; aiutare il proprio bambino ad aprirsi al mondo, non chiuderlo nel microcosmo familiare, significa quindi rispettare le differenze derivanti da altre realtà. Dare fiducia significa proprio questo: accettare che l’altro non siamo noi e, nonostante ciò, affidarsi a lui. Ripenso spesso ad una frase che ho visto a lungo rimbalzare sui social: “tuo figlio seguirà il tuo esempio, non i tuoi consigli”. Se l’adulto non è in grado di rispettare le regole poste da un servizio educativo, è probabile che il bambino non riesca -o gli riesca più difficile- rispettare le regole proposte dalle varie realtà sociali.

Illustrazione di Beatrice Alemagna

Quelle che seguono saranno tre regole basilari all’interno di BurattiNido, il necessario punto di partenza per il “patto educativo”:

1)Il rispetto degli orari concordati: all’inizio dell’anno vengono stabiliti degli orari ai quali portare il bimbo e passare a riprenderlo. A Burattinido i bimbi arrivano fra le 9 e le 9,15 ed escono alle 12. A meno che le famiglie non segnalino, con il giusto anticipo (almeno una settimana prima), specifiche necessità, come ad esempio il fatto di portare il bimbo prima o passarlo a prendere dopo, è basilare che l’adulto riesca ad essere preciso e puntuale. Gli orari fissi sono utili per la crescita interiore del proprio bimbo, poiché le routine e la ripetizione delle attività all’interno di un servizio educativo lo aiutano ad acquisire una padronanza del mondo circostante; sono naturalmente importanti anche per me, poiché BurattiNido non è il mio unico impegno quotidiano. 

2)La trasparenza nei rapporti: come detto sopra, non è possibile che una famiglia e un servizio educativo condividano ogni principio educativo. Non è quindi improbabile che nascano dubbi ed esitazioni. E’ fondamentale, in questo caso, chiedere prontamente un colloquio con me.  I colloqui avranno una data e un’ora, questo per restare nell’ottica di un rispetto del tempo del servizio e si svolgeranno sempre vis à vis; la comunicazione via mail e telefonica (whatsapp, sms, ecc) è bene sia riservata solo alla trasmissioni d’informazioni veloci.

3)La puntualità nei pagamenti: pagare puntualmente significa dare valore al servizio e al lavoro che sta venendo effettuato; se un genitore si dimentica di pagare o effettua i versamenti sempre in ritardo, svaluta il lavoro e l’impegno del professionista che si prende cura del proprio bambino.