Empatia egocentrica
Buon 2016. Torno dopo una lunga assenza, non del tutto voluta: l’influenza si è impossessata di me, ho dovuto rinunciare alla compagnia dei miei pony (tradotto: i bimbi del Burattinido) e delle mie bimbe del laboratorio Bimbo in Bottega. “Oltre il cavolfiore” riapre i battenti ormai alla fine del mese di gennaio, ora che l’anno si è già avviato da un po’ e molte riflessioni, sul futuro e sul presente, sono già state fatte, da me, da voi, da tutti quelli che vedono in un anno nuovo, l’ opportunità di un nuovo inizio. Durante il periodo natalizio, nella casa immersa nella nebbia, in cui non arriva alcun suono, e io e Nader sembriamo gli ultimi esseri umani rimasti sul pianeta, ho letto il discorso di J.K. Rowling ai neolaureati di Harvard. La Rowling parla di una serie di conclusioni che ha raggiunto dopo aver lavorato per Amnesty International:
Diversamente da ogni altra creatura su questo pianeta, gli esseri umani possono imparare e capire, senza avere esperienza diretta. (…) E molti preferiscono non esercitare affatto la propria immaginazione. Scelgono di rimanere comodamente nei confini della loro esperienza, mai turbati dal chiedersi come si sentirebbero ad essere se non se stessi. (…) Potrei invidiare le persone che vivono in quel modo (…) Scegliere di vivere in spazi ristretti può però portare all’agorafobia. Penso che una persona priva di immaginazione veda più mostri e che sia molto più spaventata. Ma la cosa più importante è che quelli che scelgono di non condividere le emozioni possono rivelarsi i veri mostri. Pur non commettendo mai un’azione del tutto malvagia, possono favorirla attraverso la loro apatia. (…) Come scrive il greco Plutarco: Ciò che otteniamo nel nostro intimo cambierà la realtà esterna.
Mi piace questa prospettiva dell’immaginazione, in cui immaginare significhi non solo esercitare la propria fantasia, ma anche la propria empatia. “Empatia” significa “comprendere” lo stato d’animo altrui, a prescindere da un giudizio personale basato su sensazioni di antipatia/simpatia. Per poter raggiungere un tale stato di comprensione è quindi necessario mettere da parte se stessi. Empatia esclude un giudizio “a pelle” verso il prossimo, il quale non viene valutato sulla base di quanto ci risultino gradite le sue doti caratteriali ma, semplicemente, viene compreso. Mi piace che la Rowling, una scrittrice di cui ammiro l’incredibile talento immaginativo, abbia saputo creare un ponte fra Mondo Reale e Mondo Immaginario, costruendo quel ponte con l’empatia. Secondo gli studi di Hoffmann (Empatia e sviluppo morale, Il Mulino, Bologna, 2008), i bambini di età inferiore ai sei anni, possiedono un’empatia egocentrica: avvertono quanto accade come riferito a se stessi e, di fronte al male altrui, intervengono offrendo l’aiuto che loro stessi vorrebbero ricevere e, nel lenire il dolore dell’altro, cercano -inconsapevolmente!- un ristoro allo stress causato dalla situazione di sofferenza. Il dolore dell’altro diventa proprio, quindi questo dolore viene vissuto senza filtro (“io sono io, tu sei tu”): lo si rende proprio e si diventa così protagonisti in una situazione in cui non si dovrebbe esserlo.
Credo che molti di noi, anche dopo i sei anni, siano stati “empatici egocentrici”. Queste riflessioni sono state per me l’occasione di riflettere sulla mia empatia egocentrica; ad esempio le volte nelle quali avrei voluto, da parte degli altri, una risposta che abbracciasse un mio stato d’animo: una parola, una carezza emotiva, un gesto d’accoglienza. Di fronte all’assenza di quel gesto mi sono spesso sentita tradita, poco compresa, ho interpretato quell’assenza come noncuranza nei miei confronti. Ho imparato che, a volte, i gesti degli altri sono meno minacciosi di quel che sembrano e che, negli scambi quotidiani con il prossimo, forse può essere utile vivere la vita un po’ meno come personaggi protagonisti e un po’ più come personaggi secondari, perché tutto quel che accade non sempre è riferito a noi. Capire l’altro, cercando di mettere da parte le nostre sensazioni “a pelle”, potrebbe aiutarci a capire qualcosa in più su noi stessi, sull’umanità e quindi sulla vita. Questo il mio più grande proposito per il 2016. Vivere la vita da una prospettiva meno egocentrica, più empatica e, quindi, più immaginifica: “ciò che otteniamo nel nostro intimo cambierà la realtà esterna”.
Vi ricordo che ricominciano le conferenze del ciclo “Grandi Speranze”. Il prossimo incontro sarà a cura di mio marito, Nader Ghazvinizadeh, ed è davvero imperdibile:
Giovedì 28 Gennaio ore 21
presso Burattinificio, via G.P.Martini 26 a Bologna
La serpe in seno
Madri contro figli/figli contro figli/madri contro madri e i padri non esistono.
Indagine antropologica del rapporto tra famiglia, educazione, fallimento, invidia. Tutto al femminile.
A cura di Nader Ghazvinizadeh, scrittore e insegnante presso Kinder College (www.naderghazvinizadeh.it)
Entrata a Burattinificio: 10 € + tessera 1€
PRENOTAZIONE (solo 10 posti): 3465871003